Pentimenti

A volte penso: “avrei dovuto studiare economics“. Vero è che non sono stato mai un buon studente di matematica. Ho sempre sofferto con i miei insegnanti di matematica, con quelli bravi e con quelli cattivi. Mi paralizzavo davanti a quei numeri e formule, che presto cominciavano a ballare sul foglio, fino a scomparire, poi vedevo bianco, tutto bianco…

Faccio fatica a entusiasmare altri con le argomentazioni storiografiche e allo stesso tempo non riesco ad allontanarmi dai documenti, non riesco a non subire il loro fascino costituito da una totale disponibilità di arrendersi alle mie mani e, al tempo stesso, da una formidabile resistenza. I documenti, come dicevano alcuni dei miei maestri, “parlano”.  E’ vero, a me spesso dicono con voce flebile: “le cose non sono andate così come tu pensi”. I documenti sono un po’ come i dibbukim nella tradizione ebraica.  Il dibbuk s’impossessa di un altro e parla attraverso lui con una voce inquietante e cerca di portare a compimento quella cosa rimasta irrisolta che gli impedisce accedere alla pace definitiva.
Non posso non accorgermi degli sbadigli che suscito quando voglio portare qualcuno lungo il mio viaggio attraverso il tempo. In questi tempi in cui del passato  interessa solo la rimemorazione mummificante.  Si sa, le mummie non parlano (né puzzano). Perchè camminare per la linea del tempo e cercare profezie se il futuro non è più distante di un naso e spesso ci copre come un’ombra minacciosa? Be’, potrei sempre intraprendere qualche studio di “spiritualità” che per molti è una nebulosa che si aggira nel nostro presente presentista e sembra non avere debiti con il passato e il tempo futuro non sa coniugarlo: tutto qui e adesso.

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